Cenni storici

L'Archivio di Stato di Asti ha sede in Via Govone 9, nel complesso dell'ex monastero cistercense di Santo Spirito e Sant'Anna. L'immobile demaniale fa parte di un complesso molto più ampio e articolato, conosciuto ad Asti come il "complesso delle caserme", composto da edifici disposti a corte intorno ad un nucleo centrale di notevole caratterizzazione architettonica costituito dalla settecentesca chiesa di Sant'Anna.

L’antico monastero

La fondazione del monastero di Sant’Anna, ora sede dell’Archivio di Stato di Asti, si fa tradizionalmente risalire alla fine del VI secolo quando, secondo le notizie riportate dallo storico astigiano Stefano Giuseppe Incisa (1742-1819), alcune suore dell’Ordine benedettino diedero vita a un’importante esperienza di vita monastica grazie all’appoggio della regina longobarda Teodolinda. Al primo duca longobardo di Asti, Gundoaldo, fratello della regina Teodolinda, è attribuita la costruzione del monastero, dedicato a Sant’Anna.

Notizie meglio documentate risalgono al XIII secolo: la prima attestazione scritta della chiesa di Sant’Anna si trova in una pergamena del 1233, conservata presso la raccolta Boatteri Sotteri (Deputazione Subalpina di Storia Patria) in cui viene menzionata la rettrice della chiesa di Sant’Anna, Berta Pulsavino; una bolla di Innocenzo IV del 27 settembre 1245, conservata nella stessa raccolta, che accorda privilegi e franchigie alle monache, può essere considerata l’atto formale di fondazione del monastero. Nel 1254 le monache benedettine passarono all’ordine cistercense e, in seguito all’unione con le religiose di Santo Spirito, nel 1583 l’istituto religioso venne intitolato a Santo Spirito e Sant'Anna. 

La chiesa settecentesca

La chiesa del convento fu costruita, in sostituzione del precedente edificio, fra il 1706 e il 1707 e consacrata dal vescovo Innocenzo Milliavacca, il quale ebbe anche un ruolo, ancora da indagare, nella committenza dell’apparato decorativo. Si tratta di una grande chiesa a navata unica, con sei cappelle poco profonde, “tutta adornata di stucho e qualche poco di pittura” (visita pastorale del vescovo Caisotti, 1764). Se il nome dell’architetto non è noto, le fonti riferiscono che le decorazioni sono opera dello “stuccatore di grido” (Boatteri, 1781 circa) Antonio Catenazzi da Mendrisio mentre gli affreschi, oggi in buona parte scomparsi, furono commissionati ai pittori Bianchi e Ferrari. Oltre all’ornato ancora visibile, le cappelle erano decorate con statue in stucco più grandi del vero che rappresentavano i doni dello Spirito Santo e le virtù mentre l’altare maggiore in marmi policromi racchiudeva, fra le colonne tortili e le decorazioni vegetali dell’alzata, una tela con la Pentecoste.

Nel 1785 venne smantellato parte dell’apparato decorativo in stucco, in particolare le grandi statue, per fare spazio alle pitture murali di Vincenzo Bosio. Nel 1802, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi operata da Napoleone, il patrimonio subì un’ingente dispersione e delle tele e degli altri arredi si sono perse le tracce.

Il convento

Per quanto concerne l’edificio conventuale, nel 1724 prese avvio una campagna di interventi guidata dall’architetto Benedetto Alfieri che coinvolse il coro delle monache, ossia la chiesa interna riservata alle religiose, il campanile, in gran parte abbattuto negli anni Venti dell’Ottocento, e la manica di ponente. Dell’intervento diretto da Benedetto Alfieri nel coro delle monache, attualmente utilizzato come Sala Conferenze dell’Archivio di Stato, restano solamente gli stucchi della volta mentre il coro in legno intarsiato, anch’esso progettato da Alfieri, fu collocato nella chiesa della Consolata al momento della soppressione napoleonica dell’ordine religioso. Nella seconda metà del Settecento, fu l’architetto Francesco Dellala di Beinasco a intervenire realizzando il grande scalone monumentale, che ancora oggi permette di accedere ai piani superiori dell’edificio, ristrutturando i dormitori e prolungando l’edificio verso est fino al muro di cinta dell’area conventuale.

Diventato demaniale nel 1810, l’edificio è stato adibito a diversi usi: Reale Casa degli Invalidi e poi caserma fino al 1945, abitazione di fortuna per sfollati e migranti e infine 1994 la sede fu acquisita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che ne curò il restauro e la rifunzionalizzazione per adattare l’edificio a nuova sede dell’Archivio di Stato di Asti.

Chiesa di Sant'Anna e Santo Spirito